I privati, da soli, non possono far ripartire l’economia Europea

16.12.2020

La situazione economica italiana ed estera, nell’ultimo anno, ha subito molti danni, si stanno accavallando e avvicendando troppi eventi critici primo fra i quali il Covid 19.
La depressione della vita economica, il protrarsi della situazione di ristagno degli affari, la disoccupazione e l’abbassamento del livello dei prezzi, dei salari e dei profitti, sono indici del drammatico contesto che stiamo vivendo.

Non abbiamo mai vissuto una situazione analoga; sentiamo continuamente sintesi di dati negativi, di allarmismi, di possibili chiusure delle attività, di perdite di posti di lavoro, interi settori stanno pesantemente soffrendo per questa crisi, dal settore della ristorazione, alberghiero, a tutto l’ambito turistico ed ora anche delle piccole-medio imprese.
Le piazze si stanno riempiendo fra proteste e agitazioni, l’economia reale soffre, mettendo in ginocchio imprenditori piccoli e non.
Con il passare del tempo cresce la consapevolezza del dramma economico che stiamo affrontando, ma, soprattutto, che dovremo fronteggiare in seguito all’evolversi delle crisi dovuta alla diffusione a livello globale del Coronavirus.

È davvero troppo presto per capire la portata del fenomeno, ma tra gli economisti prevale l’idea che molto probabilmente siamo di fronte ad una crisi decisamente più forte di quella nata una dozzina di anni fa negli USA.
Partendo dal dato italiano, le previsioni sul crollo del reddito nazionale e la consequenziale impennata dei livelli del deficit e del debito pubblico offrono un quadro davvero sconcertante che non può essere sottovalutato da nessuno.

Quindi cosa fare?
Le dichiarazioni di Mario Draghi in uno degli ultimi interventi sul Financial Times potrebbero dare uno spunto importante ai governanti europei.
Draghi, sottolineando la drammaticità della situazione, ha ribadito la necessità che gli Stati europei facciano ricorso ad un massiccio indebitamento al fine di risollevare l’economia, in quanto il settore privato da solo non è in grado di far ripartire l’economia europea. Per raggiungere tale obiettivo occorre usare sia la leva fiscale che quella monetaria.
Dal punto di vista fiscale secondo la filosofia, assolutamente condivisibile di Draghi, i governi dovrebbero, per la durata della crisi, accettare di eccedere gli obiettivi di indebitamento.
Le spese necessarie, per il sostegno della sanità pubblica e per il sostegno del reddito dei cittadini più colpiti dal blocco della produzione, devono essere sostenute anche con un ulteriore indebitamento degli stati, ritardando fino alla fine dell’emergenza l’analisi di indebitamento pubblico.
Dal punto di vista monetario, l’Economista, propone di inondare di liquidità il sistema bancario e finanziario per spingerlo a garantire i finanziamenti alle attività produttive, impedendone quindi la liquidazione permanente.
Per assicurarsi che banche e istituzioni finanziarie abbiano gli adeguati incentivi le autorità pubbliche devono fornire garanzie sui prestiti.
Gli Stati devono intervenire immediatamente dilazionando e posticipando gli obblighi fiscali per imprese e datori di lavoro e fornendo sussidi importanti per il mantenimento del livello occupazionale.
La politica tributaria deve non solo puntare a un calo della pressione fiscale, ma, anche, riorganizzare le imposte in modo che siano meno penalizzanti verso il lavoro e l’impresa.
In questo momento di crisi gli Stati devono mettete subito in atto tutti gli strumenti di sostegno del reddito dei cittadini e della liquidità delle imprese, senza porre troppa attenzione al debito pubblico, il quale si ridurrà, una volta passata l’emergenza, con il crescere dell’economia che avrà – come la storia ci insegna – un’impennata importante con ritmi ben più alti di quelli degli ultimi venti anni.

I Governi possono ancora scegliere; ma devono farlo con celerità e saggezza, poiché questo è il momento decisivo.
Gli Stati devono affrontare coraggiosamente la situazione economica e la sofferenza sanitaria, in tempi brevissimi, la posta in gioco è troppo alta: soccombere alla crisi obbligandoci a percorrere un sentiero che distruggerebbe gli standard di qualità di vita e di libertà conquistati con estrema difficoltà, non è accettabile.

Il tempo non è dalla nostra parte.

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